Oscar® 93: Nomadland, premiato anche per la protagonista Frances Mc Dormand, è il miglior film ed entra nella storia degli Academy anche per la migliore regia a Chloe Zhao. Anthony Hopkins miglior attore protagonista. Un’edizione sobria ma ‘in presenza’, purtroppo senza Oscar® italiani

ARTICOLO DI Laura Delli Colli

Una piccola grande donna, Chloe Zhao, di origine asiatica, entra nella storia del cinema con il premio alla Migliore regia per Nomadland, il film del Leone d’Oro all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, premiato anche come Miglior film  e  per l’attrice protagonista, Frances Mc Dormand ma anche gli Oscar® numero 93 entrano nella storia:  per una serata sicuramente diversa, in uno stile più sobrio e intimo dal quale sono stati aboliti i collegamenti zoom da casa, a favore di un glamour che non ha dimenticato l’eleganza, il red carpet in sicurezza, le mascherine fuori dalla grande sala della Union Station che li ha ospitati né, soprattutto, il tema forte dell’inclusione.

 

Zhao, 39 anni, ha infranto le consuetudini di Hollywood seconda solo a Katherine Bigelow che a sua volta inseguiva Lina Wertmuller, prima regista nella storia, molti anni prima, ad essere candidata: in 93 anni un risultato da Guinness dei primati di cui c’è da essere orgogliosi per il segno che lascia nel costume di un cinema a Hollywood (e non solo) è dominato di fatto da un palmarès maschile.

 

Dispiace comunque davvero per l’Italia che non ha portato a casa né le due statuette per il Pinocchio di Matteo Garrone, con i costumi meravigliosi di Massimo Cantini Parrini e il trucco e parrucco di Dalia Colli e Francesco Pegoretti, né il premio per la canzone che dava per favorita Laura Pausini con Diane Warren e Niccolò Agliardi (Seen, Io sì dal film di Edoardo Ponti La vita davanti a sé, con Sophia Loren): a battere la nostra Laura, che ha cantato in una performance rosso e oro sul tetto della Union Station, è stata la cantautrice H.E.R, con Fight for you (da Judas and the Black Messiah).

 

Ma non sono mancate le sorprese: Mank che entra con 10 nomination ed esce con soli tre Oscar® tecnici, ma soprattutto, tra gli attori, quella davvero inattesa secondo i bookmakers di Hollywood dell’Oscar® all’immenso Anthony Hopkins protagonista di The Father, il film tratto dalla commedia omonima di Florian Zeller che ha vinto anche per la sceneggiatura non originale: a 83 anni (e al suo secondo appuntamento con l’Oscar®) il grande attore gallese che aveva vinto con Il silenzio degli innocenti è stato l’unico grande assente. Comunque è stato l’interprete più anziano a conquistare un Academy Award. E ha vinto nonostante le quotazioni del superfavorito Chadwick Boseman, l’attore scomparso di Ma Rainey’s Black bottom. Presenti, invece, i veri protagonisti di quest’edizione numero 93 degli Oscar: gli attori, tanti, elegantissimi e generosamente in palcoscenico, come sempre testimoni di stile con uno sfoggio di abiti firmati dai grandi brand internazionali che hanno sfilato sostituendo, in tanti, tutte superstar della vecchia Hollywood come Harrison Ford (e un Brad Pitt in gran forma, col codino come ai vecchi tempi) o protagonisti di una generazione più fresca (il grande Joaquin Phoenix) il tradizionale presentatore degli anni scorsi. Talmente presenti che i premi finali sono stati i loro, scompaginando la tradizionale liturgia del miglior film che conclude di solito ogni premiazione.

 

Oscar® inclusivi, dicevamo, perché è stato definitivamente archiviato l’hashtag #OscarSoWhite con un successo che ha riequilibrato i conti delle percentuali storiche con i due premi più importanti, peraltro, alla piccola grande Zhao, cinese. Anche Minari, con la vittoria della simpatica attrice coreana Youn Yuh-jung per Minari, che in un discorso ricco di humour, non ha trattenuto la gioia per l’incontro con il suo ‘premiatore’, Brad Pitt (che è stato anche coproduttore del film) e ha regalato alla cerimonia uno dei momenti più autentici e inattesi della serata. Con una curiosità: nel film è una nonna insolita che, ai voti, ha battuto un’altra nonna trasgressiva interpretata da Glenn Close (per lei niente Oscar® però, ancora una volta, nonostante la collezione di nomination…).

 

Ancora: non è stata una sorpresa la vittoria di un genio come Pete Docter per Soul, il film Disney Pixar pieno di sentimento che aveva inaugurato l’ultima Festa del Cinema di Roma e ha vinto per l’animazione – protagonista un musicista nero che cerca il suo posto nel mondo come in Paradiso.

 

Rispettata la previsione anche per l’attore non protagonista, Daniel Kaluuya per Judas and the Black Messiah. Tra i vincitori della serata anche Sounds of metal, che porta a casa tre statuette. Tra i momenti più emozionanti della serata il rito dell’ In memoriam dedicato a tutti i protagonisti del mondo del cinema scomparsi nell’ultimo anno (tra i volti ricordati anche Ennio Morricone, il produttore Alberto Grimaldi e il direttore della fotografia Giuseppe Rotunno) e il discorso di Thomas Vinterberg, che ha vinto con un altro giro l’Oscar® per il miglior film internazionale: il regista danese ha ricordato, come aveva fatto a Roma, presentando il film alla festa del Cinema, la giovane figlia scomparsa in un incidente d’auto, qualche settimana prima di iniziare le riprese.

 

Da ricordare, tra i momenti più leggeri della serata l’ironia di di Glenn Close, che ha accettato la sfida di lasciarsi andare a un momento di ballo quando si è parlato di musica e canzoni, l’attrice coreana di Minar sottobraccio a Brad Pitt, le sneakers di Chloe Zhao, il tailleur pantalone laminato d’oro della Pausini che è apparsa sulla terrazza della Union Station (circondata da un’orchestra di musiciste) poi sul carpet  in un meraviglioso black,  un look in controtendenza su quello di moltissime signore in rosso, la più vistosa Angela Bassett, che hanno acceso un carpet in cui anche il logo dell’Academy ha scelto una versione scarlatta. Un piccolo esorcismo per superare i timori della pandemia? Ai prossimi Oscar®, sperando in meglio per la considerazione del cinema italiano che a Hollywood non riesce ancora a battere lobby di votanti che dovrebbero considerare il cinema italiano con un ‘peso’ diverso. Ne sa qualcosa anche Gianfranco Rosi con Notturno nettamente migliore del documentario vincitore (di cui è protagonista l’incontro subacqueo con una piovra) che con un film di altissima qualità non è riuscito, mesi fa, neanche ad entrare nella cinquina finalista.

 

TUTTI I VINCITORI

Miglior film
Nomadland

Migliore regia
Chloé Zhao per Nomadland

Migliore attrice protagonista
Frances McDormand, Nomadland

Migliore attrice non protagonista
Youn Yuh-jung per Minari

Miglior attore protagonista
Anthony Hopkins per The Father

Miglior attore non protagonista
Daniel Kaluuya per Judas and the Black Messiah

Migliore sceneggiatura originale
Emerald Fennell per Una donna promettente

Migliore sceneggiatura non originale
Florian Zeller e Christopher Hampton per The Father

Miglior film internazionale
Drunk-Un altro giro di Thomas Vinterberg (Danimarca)

Miglior documentario
Il mio amico in fondo al mare

Miglior film di animazione
Soul

Miglior corto d’animazione
If Anything Happens I Love You

Miglior colonna sonora originale
Trent Reznor, Atticus Ross e Jon Batiste per Soul

Migliore canzone originale
Fight for You –di H.E.R. e Dernst Emile II, con Tiara Thomas

per Judas and the Black Messiah

Miglior montaggio
Mikkel E. G. Nielsen per Sound of Metal

Migliore fotografia
Erik Messerschmidt per Mank

Migliore scenografia
Donald Graham Burt e Jan Pascale per Mank
Migliori costumi
Ann Roth per Ma Rainey’s Black Bottom

Migliori effetti speciali
Scott R. Fisher, Andrew Jackson, David Lee e Andrew Lockley per Tenet

Miglior trucco e acconciatura
Sergio Lopez-Rivera, Mia Neal e Jamika Wilson per Ma Rainey’s Black Bottom

Miglior sonoro
Nicolas Becker, Jaime Baksht, Michelle Couttolenc, Carlos Cortés e Phillip Bladh

per Sound of Metal

Miglior cortometraggio
Two Distant Strangers

Miglior corto documentario
Colette