Week end col cinema: Ha appena compiuto quarant’anni il Capitano Ripley, Sigourney Weaver, in lotta con Alien. Poi sono arrivate Julia Roberts in Erin Brockovich e Uma Thurman con la sciabola di Kill Bill, fino alle Wonder Woman nel mondo virtuale dei supereroi. Ma quale sarà l’eroina hollywoodiana degli anni Venti?

ARTICOLO DI Laura Delli Colli

Non solo ragazze con il costume dei supereroi ma donne apparentemente normali, eppure ma in realtà prototipi di un coraggio e un protagonismo assolutamente rivoluzionari per un mondo hollywoodiano che alle donne per tradizione ha riservato, pur nell’interpretazione di attrici, donne straordinarie, come Meryl Streep o Jane Fonda, ruoli spesso scritti secondo perfetti stereotipi femminili. Perché ne parliamo nel 2020 che sta per andarsene? Per esempio perché in quest’anno che inaugura gli anni Venti di un nuovo secolo anche per il cinema, ha compiuto i suoi primi quarant’anni la prima di tutte tra le eroine che hanno ispirato un modello femminile diverso perfino ‘rivoluzionario’ per le sceneggiature che fino a quel momento celebravano donne dalla fisionomia molto in linea con l’american way of life era solo una: ovviamente Ellen Ripley di Alien. Lei, se amate il cinema lo sapete, è il mitico capitano quel film, interpretata da Sigourney Weaver, ed è la splendida protagonista che proprio in quell’alba degli anni Ottanta ha portato sullo schermo, con la regia Ridley Scott, un’aria di grande novità per quella stagione di passaggio tra gli anni Settanta e gli Ottanta del cinema, con la più forte icona di novità per una femminilità inedita, fino a quel giorno sconosciuta nel cinema di Hollywood.

Un’eroina senza trucco, nascosta- con l’eccezione di un attimo di personalissima intimità in una mitica canottiera – dallo scafandro di una tuta da astronauta. Maschile, certo, nella capacità di essere ‘forte come un uomo’ ma in fondo capace di aver e con sé anche nello spazio un po’ di mondo quotidiano, anche solo per la presenza di uno dei gatti più famosi tra i coprotagonisti dello schermo.

Una donna indistruttibile some spesso sono le donne, il prototipo insomma di un’idea del femminile che per gli sceneggiatori di Hollywood  esprime la grinta e insieme l’emancipazione -sì usiamola a questo proposito una parola che dovremmo ormai dare per scontata- di un femminile che, appunto, tiene perfettamente testa ai suoi compagni di volo, prima ancora che all’ignoto che Ridley Scott le fa incontrare in un film che unisce fantascienza e horror in un cocktail eccezionale.

Quando la incontriamo all’inizio del film ha l’aria di una ragazzona americana doversa da tante donne spasmodicamente attente al make up o al look come ancora andava in quegli anni soprattutto in provincia: è spettinata, capelli corti, arruffati, il viso acqua e sapone e la capacità di affrontare con un’aria normale anche il rischio di una missione nello spazio in cui è prevista anche l’incognita di un non ritorno a casa. Non ci chiediamo nel film se riuscirà a farcela e se quell’equipaggio ritroverà serenamente la Terra ma sappiano bene cosa offre il film di Scott fin dal titolo, Alien e forse dalla frase di lancio “Nello spazio nessuno può sentirti urlare…”

Più che gridare Ellen dovrà combattere. E come accade nella vita il nemico a volte ti provoca inatteso, nascosto, prende forme che non ti aspetti come in questa parabola con la quale Ridley Scott mette in scena l’equipaggio di Nostromo, di rientro da una missione fuori dal sistema solare. A bordo della nave, all’inizio- tanto per ricordarci il film- sono in sette: il capitano Dallas, il vice capitano Kane, Ash, l’ufficiale scientifico, il capo-tecnico Parker con il suo braccio destro Brett, la navigatrice Lambert E lei: il Tenente Ellen Ripley (che oggi dovremmo chiamare ‘la’ tenente? ) con quel simpatico gattone rosso di Jones anche lui insidiato dal mostro. Ovviamente c’è con loro il computer di bordo, che, guardacaso, si chiama Mother ed è proprio lui (o anche in questo caso lei, visto il nome che gli hanno dato gli sceneggiatori?) ad intercettare, mentre l’ equipaggio dorme in stato di ibernazione, un misterioso segnale proveniente da un pianeta limitrofo, che potrebbe rappresentare una richiesta di soccorso…

Tutto parte da lì e da quando Alien si manifesta in tutta la sua potenza omicida la fantascienza diventa un horror nel quale non manca perfino la sequenza di un parto horror che non capita a Ellen ma addirittura ad un suo compagno di viaggio, quando Alien si insinua nel suo corpo.  Il film quando usci all’alba degli anni Ottanta uscì fece anche per questo un gran rumore: Ridley Scott già pensava a Blade Runner, guardando in quel caso ad una fantascienza diversa, come si dice oggi distopica e non così…realista, ma con Alien aveva creato davvero il suo mostro, un film perfetto, che sarebbe stato per lui -.senza più il suo Capitano Ripley-  l’inizio di una saga, tra cui tre sequel, due prequel e due spin-off più quell’ originale che cambiava le regole della sceneggiatura dando spazio alla prima  vera eroina autenticamente vincente in un equipaggio maschile.

Ma, a proposito di Ripley torniamo alle eroine, tanto per divagare un po’ sui diversi modelli che Hollywood ha messo in scena: nella claustrofobia dell’astronave messa in scacco dal mostro, Alien rappresenta l’ignoto e il pericolo, un ‘maschile’ individuabile attraverso varie trasformazioni che non lasciano dubbi alle allusioni che nel cambiamento sociale di quel momento. Un tempo che le donne vivono come un modello con il quale confrontarsi per sconfiggere i vecchi stereotipi, alla ricerca del riconoscimento di unanjuova identità anche nel cinema. Non è una Hollywood dove neanche lontanamente si immagina la denuncia degli sterotipi o il me too . Ma certo è importante cne accada nel cinema mainstream, come si dice, il cambiamento in cui debutti l’icona eroica che apre la strada ad altre protagoniste che verranno.

Con tutto il rispetto per classici e per le protagoniste affascinanti di un divismo evergreen, Hollywood insomma da quel giorno ha trovato il coraggio di mettere in scena dopo Ellen protagoniste capaci di una nuova consapevolezza, passando a modelli imbattibili come la sanguinaria Uma Thurman di Kill Bill che consuma la sua vendetta alla violenza subita, inventata da Quentin Tarantino o la Erin Brockovich di Julia Roberts, guerriera dell’impegno  civile alla normalità di una protagonista che non è  più l’eroina romantica di tante commedie di successo ma qui, come succede nella vita, è una donna fragile e scombinata che trova la sua capacità di diventare, suo malgrado, antieroina, o meglio un’eroina sella porta accanto.

Ecco, quelle che Hollywood ha poi inventato sul filone degli eroi Marvel  sono donne affascinanti ma non esattamente così… ma a Hollywood succede che, per essere vincente, anche a una donna sia richiesto di mostrare i muscoli.

Che donne saranno in questi ’20 appena iniziati le ‘ragazze’ che ci proporrà il grande cinema? Capitane coraggiose come Ripley o supereroine alla Wonder Woman? Vedremo. Aspettiamo, intanto, che anche gli schermi più ‘potenti’ del mondo si riaccendano. E non dimentichiamo che il cinema, anche da rivedere o da leggere in tanti libri che ne svelano i retroscena, in questo tempo sospeso ci tiene comunque compagnia.